Con la terra e con il fuoco: l’archeologia a Santarcangelo

Il patrimonio archeologico del Musas si è formato grazie a scoperte occasionali, a ricerche condotte nel territorio dalla seconda metà del ‘900 e infine a seguito di scavi archeologici, che tuttora proseguono.
Il racconto parte da lontano, già dalla preistoria, ma sicuramente è l’età romana il periodo di maggiore espansione del territorio, quando nel sito dove sorgerà il borgo di Santarcangelo si sviluppano una fiorente attività agricola, per la coltivazione di cereali e la viticoltura, e una altrettanto florida attività produttiva: la ricchezza di argilla, acqua e legname e la presenza di vie di comunicazione a breve e largo raggio sono le componenti ideali che permettono la nascita e l’espansione di veri e propri quartieri artigianali che si specializzano nella produzione di contenitori per i prodotti agricoli, materiali da costruzione e, sul finire dell’età romana, di lucerne.

Prima della storia: l’età della pietra e dei metalli

Sala della Preistoria e Protostoria al MUSAS

Sala 4. Preistoria e Protostoria
La sala IV proietta nel passato più remoto attraverso i manufatti più antichi finora scoperti, che attestano come già dalla Preistoria il territorio sia stato attraversato e frequentato, se non proprio abitato.
Gli strumenti in pietra scheggiata, realizzati in ciottoli di selce, risalgono al Paleolitico, a circa 200.000 anni fa. Al Neolitico, età della pietra nuova, rimandano una punta di accetta in pietra levigata e una punta di freccia in selce rossa, quando a un’economia di sussistenza se ne affianca una di tipo produttivo.

Con l’età del Bronzo i rinvenimenti aumentano e si estendono in una fascia più ampia del territorio: sono soprattutto frammenti ceramici di vasi di forme diverse, ma anche fusaiole (contrappesi usati per far ruotare il fuso), rocchetti e pesi da telaio.
L’insediamento diventa sistematico a partire dalla fine del IX al VII secolo a.C. (età del Ferro), quando sorgono piccoli nuclei abitativi individuati da capanne e tombe, funzionali al controllo del territorio per i traffici marittimi e terrestri, che erano controllati dal capoluogo villanoviano di Verucchio.

Appartiene a questa fase la ricostruzione di una tomba villanoviana “tipo”, che è a disposizione di tutto il pubblico per l’esplorazione tattile.

Agricoltura e artigianato: i due volti di uno stesso paesaggio

Quando nel 268 a.C. i romani fondano la colonia latina di Ariminum, per tutto il territorio lungo le vallate interne dei fiumi inizia un periodo di grande sviluppo. Le caratteristiche del paesaggio, la presenza di terreni fertili e l’abbondanza di risorse, quali acqua, argilla, legname, determinano la vocazione principale di questo settore come luogo principale di approvvigionamento di prodotti alimentari (cereali, vino, frutti) e di materiali da costruzione.
Dall’età repubblicana, e soprattutto nella prima età imperiale, lungo i corsi d’acqua e sulle prime pendici collinari proliferano edifici rustici con i loro fondi coltivati e impianti artigianali.
Santarcangelo, in particolare, diventa il settore più strategico nel quale si sviluppa una intensa attività agricola, legata alla coltivazione di cereali e alla viticoltura, che soddisfano le necessità locali ma che producono in quantità eccedenti, al punto da dover destinare ai mercati parte dei prodotti. Questa vocazione commerciale viene assecondata dalla posizione del centro, posto a cavallo di percorsi e strade di più breve e più lunga percorrenza (le vie consolari Emilia e Popilia, la direttrice del Marecchia verso la Toscana e la costa Tirrenica).

Utensili per l'agricoltura
In funzione dell’agricoltura nascono numerosi impianti di lavorazione dell’argilla, favoriti dall’abbondanza di materie prime (acqua dai fiumi Marecchia e Uso, legname e soprattutto argilla), per produrre non solo materiali da costruzione, ma soprattutto i contenitori necessari a conservare e trasportare cereali e vino, tra cui le anfore cosiddette romagnole, che assumono una forma specifica in risposta alle caratteristiche del vino locale e che raggiungono mercati anche distanti.
L’attività di queste fabbriche prosegue fino al VII secolo con altri tipi di produzioni, tra cui le lucerne di imitazione di quelle africane.
Territorio agricolo e fornaci sono dunque i due volti di uno stesso ambiente, che il MUSAS cerca di illustrare e integrare, senza tuttavia trascurare lo svolgimento delle vicende, storiche e umane.

Dalla cava al prodotto finito: gli impianti produttivi

Sala della fornace

Sala 1. Età romana
Nella Sala 1 del MUSAS domina la ricostruzione in scala 1:2 di una fornace post-medievale, che ripropone la struttura dei forni diffusi dall’età romana nel territorio, scelta per testimoniare la continuità di una tradizione che prosegue da quasi duemila anni.
I forni sono il cuore pulsante delle numerose officine ceramiche sorte a Santarcangelo in epoca romana, che dal I sec. a.C. si organizzano in quartieri artigianali, alcuni attivi ancora nel VI-VII sec. d.C.

Le indagini archeologiche hanno messo in evidenza non solo i forni (spesso numerosi all’interno di uno stesso impianto), ma tutto il complesso di strutture e attività necessarie all’intero ciclo produttivo, dalla cava di estrazione della materia prima al prodotto finito:
spazi per la battitura dell’argilla cruda e vasche per decantarla e impastarla; spazi aperti per modellare gli oggetti e tettoie per essiccarli; fosse da fuoco per le braci e scivoli per immetterle nei forni; buche di scarico; spazi chiusi e tettoie per i lavoratori; depositi per i prodotti finiti da vendere.
Il forno, cuore dell’officina, ha quasi sempre pianta rettangolare, una camera sotterranea scavata nell’argilla e un corridoio centrale con pilastri ai lati. L’apertura ad arco rappresenta l’imboccatura dove veniva immesso il combustibile (legname in braci) per alimentarlo.
Il modello della fornace mette in evidenza sul fianco uno spaccato della struttura interna, con la successione di pilastri e archi per reggere il piano di cottura, che era forato per permettere il passaggio dell’aria calda dal vano sottostante, e serviva per impilare i prodotti modellati ed essiccati e cuocerli. La camera di cottura soprastante, qui ricostruita in parte, era coperta da una volta leggera spesso rinforzata da file parallele arcuate di tubuli, cilindri in argilla cavi all’interno che venivano inseriti l’uno nell’altro e fissati con argilla cruda.

Non solo anfore e mattoni…la varietà delle produzioni

Sala 2. Le produzioni
Le principali produzioni di queste officine riguardano due generi di manufatti: laterizi per l’edilizia e contenitori per le derrate alimentari. Sussidiariamente, negli stessi impianti vengono fabbricati vasi e suppellettili domestiche di uso quotidiano.
L’industria trainante è quella laterizia che fabbrica soprattutto tegole, coppi, mattoni, mattonelle da pavimentazione, e altri elementi costruttivi.
Nelle fornaci locali si realizzano inoltre vasi forati nel fondo per coltivare fiori e piante da frutto, grandi vasi per conservare i prodotti agricoli, contenitori più piccoli in ceramica comune e soprattutto anfore da vino, di certo il prodotto più diffuso.

Ventrina centrale in sala 3
Tra II e I secolo a.C. si sfornano anfore del tipo comune con fondo a puntale per l’impilaggio nelle navi, mentre dalla metà del I secolo d.C. fino all’inizio del III secolo d.C. si impone a livello industriale un modello di anfora a fondo piatto e dimensioni ridotte che costituisce una produzione tipica dell’area romagnola, per assecondare la fortuna del vino riminese sui grandi mercati, da Roma al Mediterraneo orientale.
L’attività di queste officine prosegue nel VI-VII secolo d.C. con la creazione di lucerne, ispirate a quelle africane diffuse in tutto il Mediterraneo, con decorazioni varie molto stilizzate.

L’abitare

Lucerna in bronzo

Sala 3. Età romana
Le scoperte e gli scavi archeologici hanno restituito informazioni sugli abitati e sulla cultura materiale antica, costituita anche da utensili usati nella quotidianità non solo per le attività lavorative.
Gli edifici abitativi sono localizzati per lo più in pianura, distanti dal quartiere artigianale, e risultano di diverse dimensioni e pregio. Le più estese ville rustiche si articolano generalmente in due parti distinte: la pars fructuaria, in cui si conserva e si trasformano le derrate prodotte, e la parte residenziale vera e propria.

La Sala III offre il quadro di un popolamento diffuso, in cui l’agricoltura ha al proprio centro la coltura dei cereali e della vite, cui si aggiungono gli alberi da frutto, gli oliveti e l’orto. Lo documentano alcuni attrezzi agricoli e soprattutto i contenitori per i prodotti finiti.
La presenza di mercati, da sempre tradizione dell’area strategica dal punto di vista della viabilità, è testimoniata da un calco di singolare documento, index nundinarius, in cui si è riconosciuto un probabile calendario dei mercati e/o dei lavori agricoli.
Alle forme e ai modi dell’abitare in tutti i suoi aspetti è riservato il resto della sala: materiali da costruzione, ceramiche da mensa e da dispensa, vetri, metalli, attrezzi del lavoro femminile, decorazioni architettoniche, e poi le sepolture e gli aspetti della religiosità e della devozione.

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